La Deformazione dell’Aspetto della Persona mediante Lesioni Permanenti: Tra Norma, Giurisprudenza e Dibattito Sociale
23 Nov, 2024 Aree di Competenza Articolo 583-quinquies, Codice Rosso, Deformazione volto, Diritto Penale, Giurisprudenza lesioni, Legge 69/2019, Lesioni permanenti, Reati violenza, Sfregio permanente, Tutela vittimeLa deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti è un tema giuridico complesso che coinvolge aspetti normativi, sociali e giurisprudenziali.
L’introduzione dell’art. 583-quinquies c.p., avvenuta con la Legge n. 69/2019 (denominata “Codice Rosso“), ha segnato un importante sviluppo nel diritto penale italiano, rispondendo alla necessità di una tutela più incisiva dell’integrità fisica e della dignità personale, soprattutto in relazione alla violenza di genere.
Il Contesto Sociale e il Dibattito sull’Emanazione del “Codice Rosso”
La legge “Codice Rosso” è stata introdotta in un periodo di crescente sensibilità sociale verso la violenza domestica e di genere.
Gravi episodi di cronaca, come le aggressioni con acido subite da Lucia Annibali e Gessica Notaro, hanno spinto il legislatore a intervenire per garantire maggiore protezione alle vittime.
La normativa nasce anche per rispondere agli obblighi derivanti dalla Convenzione di Istanbul (ratificata in Italia con la Legge n. 77/2013), che richiede misure efficaci per contrastare la violenza contro le donne.
Il dibattito parlamentare si è concentrato su tre punti centrali:
- La necessità di velocizzare le procedure penali per la violenza domestica: Con il Codice Rosso, le autorità devono ascoltare le vittime entro tre giorni dalla denuncia.
- L’introduzione di pene più severe per reati già esistenti: Come il maltrattamento in famiglia e lo stalking.
- La creazione di nuove fattispecie di reato: Tra queste, l’art. 583-quinquies ha avuto un forte impatto per la sua autonomia rispetto al regime precedente, in cui la deformazione del viso era solo una circostanza aggravante.
L’introduzione dell’art. 583-quinquies come reato autonomo risponde a due esigenze principali:
- Superare il rischio di attenuazione sanzionatoria legato al bilanciamento delle circostanze attenuanti.
- Riconoscere la centralità del volto come simbolo dell’identità personale, proteggendo sia l’integrità fisica che la dignità sociale delle vittime.
L’Articolo 583-quinquies c.p.: Una Fattispecie Autonoma
Il Contesto Normativo Precedente
Prima dell’introduzione dell’art. 583-quinquies c.p. con la Legge n. 69/2019, le lesioni che comportavano deformazioni permanenti al viso erano considerate una circostanza aggravante del reato di lesioni personali gravi o gravissime, disciplinato dall’art. 583, comma 2, n. 4 c.p.
Tale aggravante prevedeva una pena da 3 a 7 anni di reclusione per chiunque cagionasse una lesione grave che comportasse:
- Deformazione: Una modificazione sostanziale e irreversibile della simmetria o dei lineamenti del viso.
- Sfregio permanente: Un’alterazione non grave quanto la deformazione, ma che turbava irreversibilmente l’armonia del viso.
Nonostante la gravità delle conseguenze, il regime precedente presentava diverse criticità:
- Bilanciamento delle circostanze attenuanti: L’applicazione dell’aggravante poteva essere vanificata dal bilanciamento con eventuali attenuanti, riducendo la pena anche in caso di lesioni molto gravi.
- Riconoscimento limitato del danno morale: La circostanza aggravante non poneva il giusto rilievo all’impatto psicologico e sociale che una lesione permanente al volto comporta per la vittima.
Questi limiti sollevarono numerose critiche, soprattutto alla luce dei casi di cronaca che evidenziavano la necessità di una protezione più incisiva per le vittime.
L’Innovazione dell’Articolo 583-quinquies
Con l’entrata in vigore del “Codice Rosso”, l’art. 583-quinquies ha trasformato l’aggravante in una fattispecie di reato autonoma, introducendo un trattamento sanzionatorio più severo e focalizzato.
La norma prevede una pena che va da otto a quattordici anni di reclusione, rendendo esplicita la volontà del legislatore di:
- Rendere la pena più rigorosa: Il minimo edittale è stato più che raddoppiato rispetto al regime precedente.
- Eliminare il rischio di attenuazione della pena: La trasformazione in reato autonomo esclude il bilanciamento con attenuanti che potevano mitigare la sanzione.
- Conferire centralità al volto: La norma sottolinea il valore simbolico del volto, non solo come elemento fisico, ma anche come espressione dell’identità personale e della dignità sociale.
Questa innovazione normativa è stata pensata anche per rafforzare la funzione deterrente della norma, inviando un segnale chiaro che tali condotte non sarebbero state più tollerate con indulgente severità.
L’introduzione dell’art. 583-quinquies c.p. segna quindi un’evoluzione significativa nella tutela della persona, evidenziando un cambio di prospettiva: da una concezione che vedeva il volto come una parte del corpo fisico, a una visione che lo considera simbolo della dignità individuale e sociale, meritevole di una protezione speciale.
Le Definizioni Giurisprudenziali di Deformazione e Sfregio Permanente
Cosa Si Intende per Deformazione e Sfregio Permanente?
La giurisprudenza ha svolto un ruolo fondamentale nel chiarire i confini applicativi dell’art. 583-quinquies c.p.
In particolare, la deformazione viene definita come un’alterazione anatomica significativa del viso, che modifica profondamente la simmetria dei lineamenti, provocando un vero e proprio sfiguramento.
Lo sfregio permanente, invece, è un’alterazione meno grave ma comunque irreversibile dell’armonia del viso, che turba la percezione estetica dell’osservatore comune.
Questi concetti sottolineano che la norma non punisce qualsiasi alterazione del volto, ma solo quelle che incidono in modo rilevante sull’identità estetica e sociale della vittima.
Una Semplice Cicatrice Configura il Reato?
Un caso emblematico è stato affrontato dalla Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza n. 35795/2023, in cui si è discusso se una cicatrice sul volto fosse sufficiente per configurare il reato di “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”.
La Suprema Corte ha stabilito che non tutte le cicatrici possono integrare la fattispecie di reato prevista dall’art. 583-quinquies.
Nello specifico, è stata cassata con rinvio una sentenza d’appello che aveva riconosciuto la sussistenza del reato in un caso in cui la vittima, in seguito a un pestaggio, era stata sottoposta a un intervento chirurgico alla mandibola che aveva lasciato un esito cicatriziale sul viso.
La Cassazione ha precisato che, per configurare lo sfregio o la deformazione, non basta un qualsiasi segno permanente sul volto.
I Criteri Stabiliti dalla Cassazione
La Corte ha chiarito che:
- Requisiti del Danno: La lesione deve produrre un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso. Non è sufficiente una cicatrice che non alteri significativamente la funzione estetico-fisiognomica del volto.
- Impatto sull’Identità Personale: Il danno deve compromettere non solo l’aspetto estetico, ma anche la percezione del sé da parte della vittima e la sua capacità di relazionarsi con gli altri.
- Necessità di Motivazione: La Corte ha censurato la sentenza d’appello per non aver fornito elementi descrittivi sulla cicatrice che dimostrassero un effetto di snaturamento dell’identità personale della vittima.
Questa decisione sottolinea che la severità della pena prevista dall’art. 583-quinquies c.p. deve essere giustificata solo in presenza di lesioni che producono un impatto significativo e duraturo sull’identità fisica e sociale della persona offesa.
Un Equilibrio Necessario tra Danno Estetico e Identità
La giurisprudenza, dunque, impone una rigorosa valutazione delle lesioni per evitare applicazioni improprie della norma.
Non si tratta di punire ogni segno lasciato da un’aggressione, ma solo quei danni che alterano profondamente l’identità del volto, trasformandolo in modo irreversibile agli occhi della vittima e della società.
Questo approccio garantisce che il trattamento sanzionatorio sia proporzionato alla gravità dell’evento lesivo e rispetti i principi di equità e ragionevolezza.
La Sentenza della Cassazione Penale n. 7728/2024
La recente pronuncia della Cassazione ha confermato l’ampia portata applicativa dell’art. 583-quinquies. Nel caso specifico:
- L’imputata, C.C., era stata condannata per aver causato uno sfregio permanente al viso della vittima con un morso che aveva provocato il distacco di metà del padiglione auricolare.
- La Cassazione ha chiarito che il reato non si limita alle violenze domestiche o di genere ma si applica a qualsiasi contesto in cui si verifichino lesioni che alterino permanentemente il volto.
Punti Salienti della Decisione
- Applicabilità Generale: La norma si applica a qualunque lesione al volto, senza limitazioni relative al contesto o al genere delle parti coinvolte.
- Valutazione del Danno: Il danno è considerato permanente indipendentemente dalla possibilità di interventi chirurgici riparativi.
- Elemento Soggettivo: La condotta è stata qualificata come dolosa, escludendo la colpa cosciente, grazie alle modalità violente dell’azione.
Un Caso Emblematico: I Tatuaggi Imposti
Un’applicazione particolare dell’art. 583-quinquies è avvenuta nel caso di tatuaggi sul viso eseguiti sotto costrizione.
Il Tribunale di Velletri ha riconosciuto questa condotta come rientrante nella nozione di sfregio permanente, evidenziando come la vittima fosse stata obbligata dal partner a subire tali alterazioni.
Questo caso amplia l’interpretazione della norma, includendo forme di violenza psicologica e coercizione.
La decisione del Tribunale di Velletri arriva in Cassazione (Sent. n. 36194/2022).
Fatti di Causa
La Corte di Appello di Roma aveva confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Velletri a L.A. per i reati di:
- Maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.);
- Lesioni personali aggravate (artt. 582 e 585 c.p.);
- Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.).
Il reato ex art. 583-quinquies era stato configurato per aver l’imputato indotto un esecutore materiale, con l’inganno, a realizzare tatuaggi permanenti sul volto della vittima, facendogli credere che questa avesse prestato consenso.
Motivi di Ricorso
L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando:
- Vizi procedurali: L’omessa notifica al difensore di fiducia dell’ordinanza relativa all’incidente probatorio.
- Inconfigurabilità del reato di maltrattamenti: L’assenza di una relazione stabile tra l’imputato e la vittima.
- Errata qualificazione del reato di lesioni: Mancanza di querela e inesistenza del nesso teleologico tra lesioni e maltrattamenti.
- Insufficienza della motivazione sul reato di deformazione: Mancata dimostrazione della coercizione sui tatuaggi e inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa.
Decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarando infondati tutti i motivi proposti.
1. Notifica dell’incidente probatorio
La Cassazione ha stabilito che la notifica era stata effettuata correttamente al difensore indicato dall’imputato al momento della nomina in carcere. La successiva nomina del difensore effettivo è avvenuta dopo l’esecuzione dell’incidente probatorio, rendendo infondata la doglianza.
2. Relazione tra imputato e vittima
La Corte ha ritenuto che, nonostante la breve durata della relazione (14 giorni), il rapporto tra i due presentava stabilità e una prospettiva di continuità, sufficiente a integrare la fattispecie di maltrattamenti in famiglia.
3. Lesioni personali
Il motivo è stato rigettato in quanto le lesioni erano perseguibili d’ufficio per via del nesso teleologico con il reato di maltrattamenti, confermato come sussistente.
4. Deformazione dell’aspetto mediante lesioni
La Corte ha confermato che la condotta lesiva dell’imputato, consistente nell’indurre l’esecuzione dei tatuaggi sul volto della vittima contro la sua volontà, integra il reato di cui all’art. 583-quinquies c.p.
Non è stato riconosciuto alcun vizio di motivazione nelle sentenze di merito, che risultavano basate su dichiarazioni utilizzabili e coerenti.
Conclusioni
La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna dell’imputato e imponendogli il pagamento delle spese processuali e delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile. La sentenza ribadisce che il reato di deformazione del volto si applica anche a condotte che comportano alterazioni permanenti realizzate attraverso la coercizione psicologica o l’induzione in errore.
Critiche e Aspetti Controversi
L’introduzione dell’art. 583-quinquies c.p. ha suscitato un vivace dibattito tra giuristi e operatori del diritto, evidenziando diverse criticità e aspetti controversi legati alla sua applicazione e interpretazione.
Severità della Pena e Proporzionalità
Una delle principali critiche riguarda la severità della pena prevista, con una reclusione da otto a quattordici anni. Questo trattamento sanzionatorio è stato ritenuto eccessivo se confrontato con altre fattispecie di lesioni personali gravi o gravissime, sollevando dubbi sulla proporzionalità della pena rispetto al danno effettivamente causato.
Ambiguità nelle Definizioni di “Deformazione” e “Sfregio Permanente”
La distinzione tra “deformazione” e “sfregio permanente” non è sempre chiara, lasciando spazio a interpretazioni soggettive. La giurisprudenza ha cercato di delineare i confini tra le due nozioni, ma permangono incertezze che possono portare a disparità di trattamento nei casi concreti.
Applicazione Limitata alle Lesioni Dolose
L’art. 583-quinquies c.p. si applica esclusivamente alle lesioni dolose, escludendo le condotte colpose che possono comunque causare deformazioni permanenti al viso. Questa limitazione è stata oggetto di critiche, poiché non considera adeguatamente situazioni in cui la lesione, seppur non intenzionale, produce effetti devastanti sulla vittima.
Questioni di Legittimità Costituzionale
Sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale riguardo al trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 583-quinquies c.p. In particolare, si è discusso se la pena edittale sia conforme ai principi di proporzionalità e ragionevolezza sanciti dalla Costituzione italiana.
Implicazioni sulla Giustizia Riparativa
La norma, focalizzandosi su un approccio punitivo, potrebbe trascurare l’importanza della giustizia riparativa e del supporto alle vittime. L’assenza di misure volte alla riabilitazione dell’offensore e al risarcimento del danno subito dalla vittima è stata evidenziata come una lacuna significativa.
Impatto sulla Recidiva e sulla Prevenzione
L’efficacia deterrente della norma è stata messa in discussione, considerando che l’inasprimento delle pene non sempre si traduce in una diminuzione dei reati. Inoltre, l’assenza di programmi di riabilitazione per gli autori del reato potrebbe non contribuire efficacemente alla prevenzione della recidiva.
L’art. 583-quinquies c.p. rappresenta un tentativo del legislatore di offrire una maggiore tutela alle vittime di lesioni permanenti al viso. Tuttavia, le critiche sollevate evidenziano la necessità di un’ulteriore riflessione sulla proporzionalità delle pene, sulla chiarezza delle definizioni normative e sull’inclusione di misure che promuovano la giustizia riparativa e la prevenzione della recidiva. Un approccio equilibrato potrebbe prevedere una revisione della norma che tenga conto di queste istanze, garantendo una tutela efficace delle vittime senza trascurare i principi fondamentali del diritto penale.