La Quota di TFR nell’Assegno Divorzile: Normativa, Calcolo e Giurisprudenza recente
1 Feb, 2025 Aree di Competenza Assegno divorzile, Calcolo, Diritti, Divorzio, Doveri, Eredi, Legge, Matrimonio, Normativa, Pignoramento, Prassi, Prescrizione, Sentenza, Separazione, TFR, TribunaleIl divorzio, oltre a decretare la fine di un vincolo matrimoniale, apre le porte a una serie di complesse questioni pratiche che gli ex coniugi si trovano ad affrontare.
La divisione dei beni accumulati durante la vita in comune e l’eventuale corresponsione di un assegno divorzile sono solo alcuni degli aspetti da considerare in questa delicata fase.
Tra questi, un elemento che spesso genera dubbi e controversie è la quota del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) spettante all’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile.
Nozione di TFR
Prima di addentrarci nel tema specifico del TFR in caso di divorzio, è opportuno fornire una definizione precisa di questo istituto.
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una somma di denaro che spetta al lavoratore dipendente al termine del rapporto di lavoro, a prescindere dalla tipologia di rapporto, sia esso di lavoro subordinato o parasubordinato.
Esso rappresenta una quota della retribuzione differita, accantonata nel corso del rapporto di lavoro e liquidata al momento della sua cessazione, qualunque ne sia la causa: pensionamento, dimissioni, licenziamento o altro.
Si tratta, in sostanza, di una forma di risparmio forzoso finalizzata a garantire al lavoratore un sostegno economico al termine della sua vita lavorativa.
Il Diritto alla Quota di TFR in Caso di Divorzio: Presupposti e Limiti
L’ordinamento giuridico italiano, con l’art. 12-bis della Legge n. 898/1970, ha introdotto una specifica disciplina in materia di TFR in caso di divorzio, riconoscendo all’ex coniuge beneficiario di un assegno divorzile il diritto a una quota del TFR accumulato dall’altro coniuge durante il periodo in cui il rapporto di lavoro si è sovrapposto al matrimonio.
Presupposti per l’esercizio del diritto
Affinché tale diritto possa essere esercitato, è necessario che sussistano congiuntamente i seguenti presupposti:
- Divorzio: è necessario che tra le parti sia intervenuta una sentenza di divorzio passata in giudicato, non essendo sufficiente la mera separazione personale, sia essa consensuale o giudiziale.
- Assegno divorzile: l’ex coniuge richiedente la quota di TFR deve essere titolare di un assegno divorzile periodico, non corrisposto in un’unica soluzione. Non è sufficiente, quindi, un astratto diritto al mantenimento, ma occorre che l’assegno sia stato effettivamente liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio.
- Mancato passaggio a nuove nozze del richiedente: il diritto alla quota di TFR decade qualora l’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile contragga nuove nozze. È invece irrilevante l’eventuale nuovo matrimonio del coniuge lavoratore.
Ambito temporale
Il diritto alla quota di TFR si riferisce esclusivamente al TFR maturato durante gli anni di matrimonio, includendo il periodo di separazione personale.
Il TFR maturato prima del matrimonio o dopo il divorzio non rientra nel calcolo della quota spettante all’ex coniuge.
Determinazione della Quota di TFR
La quota di TFR spettante all’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile è pari al 40% dell’indennità totale maturata dal coniuge lavoratore durante gli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
Limiti alla discrezionalità del giudice
Tale diritto, previsto dall’art. 12-bis della legge n. 898/1970, rappresenta un diritto autonomo rispetto all’assegno divorzile e non è soggetto a modifiche discrezionali da parte del giudice.
La percentuale del 40% è un limite fisso stabilito dalla legge e non può essere aumentata o diminuita in base a valutazioni di equità o altre circostanze.
Calcolo della quota di TFR: un esempio pratico
Per comprendere meglio come si calcola la quota di TFR spettante all’ex coniuge, consideriamo un esempio concreto.
Supponiamo che il coniuge lavoratore, al momento del divorzio, abbia maturato un TFR di €. 50.000,00. Il rapporto di lavoro è durato 25 anni, di cui 15 in costanza di matrimonio (includendo il periodo di separazione):
- Dividere l’indennità di TFR lorda per il numero degli anni di durata del rapporto di lavoro: €. 50.000,00 / 25 = €. 2.000,00
- Moltiplicare il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio: €. 2.000,00 x 15 = €. 30.000,00
- Calcolare il 40% su tale ultimo importo: €. 30.000,00 x 40% = €. 12.000,00.
Pertanto, la quota di TFR spettante all’ex coniuge in questo esempio sarà di €. 12.000,00.
Modalità di Richiesta della Quota di TFR
La richiesta per ottenere la quota di TFR spettante all’ex coniuge può essere formulata sia direttamente al datore di lavoro sia mediante un ricorso al Tribunale.
Nel caso di richiesta diretta, l’ex coniuge deve inviare al datore di lavoro una comunicazione scritta, allegando la sentenza di divorzio e indicando esplicitamente la quota spettante.
Il datore di lavoro è obbligato a trattenere e versare tale quota all’ex coniuge, senza possibilità di rifiuto.
In alternativa, qualora sorgano contestazioni o difficoltà nell’ottenere il pagamento, l’ex coniuge può proporre un ricorso al Tribunale per ottenere un provvedimento che riconosca il diritto alla liquidazione della quota.
Questa opzione può essere utilizzata anche durante il giudizio di divorzio o in un successivo procedimento di modifica delle condizioni di divorzio, garantendo una tutela giuridica piena e concreta.
Prescrizione del diritto alla quota di TFR
Il diritto dell’ex coniuge a richiedere la quota del TFR è soggetto a un termine di prescrizione decennale, come stabilito dall’art. 2946 del codice civile.
Tale termine decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dalla percezione del TFR da parte del coniuge lavoratore.
È quindi fondamentale per il beneficiario agire tempestivamente per evitare che il diritto si estingua a causa del decorso del tempo.
Ulteriori Aspetti e Questioni Controverse
- Acconti sul TFR: la quota spettante deve essere calcolata solo sul TFR residuo, ossia quello non già anticipato dal lavoratore.
- Morte del coniuge lavoratore: in caso di morte del coniuge lavoratore, il diritto alla quota di TFR si trasmette agli eredi. L’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile concorrerà con gli altri eredi nella successione del TFR.
- Pignorabilità: la quota di TFR spettante all’ex coniuge può essere oggetto di pignoramento da parte dei suoi creditori, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 545 c.p.c.
La Sentenza del Tribunale di Lecce, 4 dicembre 2024, n. 3729
Il Tribunale di Lecce ha esaminato una controversia riguardante il diritto dell’ex coniuge a ottenere una quota del Trattamento di Fine Servizio (T.F.S.) maturato dall’altro coniuge durante il matrimonio.
La ricorrente aveva richiesto il 40% del T.F.S., pari a €. 26.513,90 su un importo totale di €. 66.284,00, sostenendo di essere titolare di un assegno divorzile mensile di €. 150,00 e che il periodo di lavoro del resistente coincideva interamente con la durata del matrimonio.
Il resistente aveva opposto che il diritto avrebbe dovuto essere richiesto durante il giudizio di divorzio o successivamente in una modifica delle condizioni di divorzio.
Inoltre, sosteneva che il pensionamento avvenuto prima della cessazione degli effetti civili del matrimonio costituiva una rinuncia implicita del diritto.
Il Tribunale ha respinto tali obiezioni, chiarendo che, ai sensi dell’art. 12-bis della L. n. 898/1970, il diritto alla quota del T.F.S. può essere esercitato anche successivamente, purché nei termini di prescrizione.
Il giudice ha riconosciuto che i requisiti fondamentali per ottenere la quota – titolarità di assegno divorzile e mancato passaggio a nuove nozze – erano soddisfatti.
Ha inoltre sottolineato che la normativa mira a garantire un equilibrio economico e sociale all’ex coniuge in condizioni di svantaggio economico.
Pertanto, ha accolto il ricorso, ordinando il pagamento della quota spettante oltre agli interessi legali, confermando che la somma maturata dal resistente è integralmente collegata agli anni di matrimonio.
Osservazioni sulla Sentenza
La sentenza del Tribunale di Lecce ha importanti ripercussioni, sia sul piano giuridico che sociale.
Dal punto di vista giuridico, la decisione rafforza l’interpretazione dell’art. 12-bis della L. n. 898/1970, confermando che il diritto dell’ex coniuge alla quota del T.F.S. non è limitato al procedimento di divorzio, ma può essere esercitato in qualsiasi momento successivo, entro i limiti della prescrizione decennale.
Questo garantisce maggiore accessibilità alla giustizia per coloro che potrebbero trovarsi in difficoltà economiche significative anche a distanza di anni dalla fine del matrimonio.
Sul piano sociale, la sentenza sottolinea il principio di solidarietà post-matrimoniale, riconoscendo il valore del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole durante il matrimonio, sia in termini economici che domestici.
In particolare, la possibilità di avanzare la richiesta anche se il pensionamento è avvenuto prima del divorzio o in presenza di un matrimonio caratterizzato da discontinuità rafforza la tutela dell’ex coniuge in situazioni di svantaggio.
La sentenza funge da guida per future controversie, promuovendo un’applicazione coerente della normativa e garantendo una distribuzione equa delle risorse maturate durante il matrimonio.