La violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: Un approfondimento normativo e giurisprudenziale
9 Nov, 2024 Aree di Competenza articolo 282-bis c.p.p. allontanamento, articolo 282-ter c.p.p. divieto avvicinamento, divieto avvicinamento luoghi persona offesa, legge 69/2019 codice rosso, misure cautelari violenza domestica, protezione vittime violenza familiare, reato violazione allontanamento casa familiare, sentenza Cassazione violazione provvedimenti cautelari, sentenze Cassazione violenza domestica, violazione provvedimenti allontanamento casa familiareNegli ultimi anni, il tema della protezione delle vittime di violenza domestica ha acquisito una rilevanza sempre maggiore nel sistema giuridico italiano.
Tra le misure adottate dal legislatore per fronteggiare questa grave problematica troviamo i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Questi strumenti, finalizzati a tutelare l’integrità fisica e psicologica della vittima, sollevano questioni giuridiche rilevanti, specie in caso di violazione da parte del soggetto destinatario.
Il quadro normativo: art. 282-bis e art. 282-ter c.p.p.
Art. 282-bis c.p.p.
L’art. 282-bis c.p.p. prevede la misura dell’allontanamento dalla casa familiare, stabilendo che il giudice possa ordinare al soggetto indagato di lasciare immediatamente l’abitazione comune.
L’articolo 282-bis del Codice di Procedura Penale introduce la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, concepita per tutelare le vittime di violenza domestica o di comportamenti lesivi all’interno del nucleo familiare.
Struttura e contenuto della misura
Secondo l’art. 282-bis c.p.p., il giudice può ordinare all’indagato di:
- Lasciare immediatamente la casa familiare o di non farvi rientro senza autorizzazione.
- Non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, come il luogo di lavoro o il domicilio di familiari stretti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro, nel qual caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
Inoltre, su richiesta del pubblico ministero, il giudice può ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati.
Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento.
Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.
Presupposti e applicazione
Per l’applicazione di questa misura, devono sussistere gravi indizi di colpevolezza e specifiche esigenze cautelari, quali il pericolo di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove.
Il giudice valuta la proporzionalità e l’adeguatezza della misura rispetto alla gravità del fatto e alla personalità dell’indagato.
Art. 282-ter c.p.p.
L’art. 282-ter c.p.p., invece, introduce il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, imponendo all’indagato di non avvicinarsi a determinati luoghi frequentati abitualmente dalla vittima, quali il luogo di lavoro, la scuola o la residenza di familiari stretti.
L’articolo 282-ter del Codice di Procedura Penale introduce la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, concepita per tutelare le vittime di reati, in particolare quelli di natura violenta o persecutoria.
Contenuto della misura
Secondo l’art. 282-ter c.p.p., il giudice può prescrivere all’indagato:
- Divieto di avvicinamento a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, come l’abitazione, il luogo di lavoro o altri luoghi di abituale presenza.
- Obbligo di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa stessa.
- Divieto di comunicare con la persona offesa o con i suoi prossimi congiunti attraverso qualsiasi mezzo.
Inoltre, il giudice può disporre l’applicazione di particolari modalità di controllo, come l’uso di dispositivi elettronici, per assicurare il rispetto delle prescrizioni imposte.
Presupposti e applicazione
Per l’applicazione di questa misura, devono sussistere gravi indizi di colpevolezza e specifiche esigenze cautelari, quali il pericolo di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove.
Il giudice valuta la proporzionalità e l’adeguatezza della misura rispetto alla gravità del fatto e alla personalità dell’indagato.
Queste misure sono state introdotte per prevenire il rischio di recidiva e ulteriori comportamenti violenti. Le modifiche normative intervenute con il cosiddetto “Codice Rosso” (L. 19 luglio 2019, n. 69) hanno velocizzato i tempi di applicazione di tali provvedimenti, rendendoli più incisivi e immediati.
La violazione dei provvedimenti: profili penali
Quando il soggetto destinatario viola i provvedimenti di allontanamento o di divieto di avvicinamento, la legge italiana considera tale violazione come un reato.
L’art. 387-bis del codice penale, introdotto con il D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge con modifiche, prevede infatti il reato di “violazione degli obblighi di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.
Tale norma dispone che chiunque trasgredisca a questi ordini emessi dall’autorità giudiziaria per prevenire atti di violenza domestica o di stalking sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Il presupposto per l’applicazione della pena è che vi sia stata una trasgressione volontaria dei provvedimenti cautelari disposti, anche se non si è concretizzato alcun nuovo episodio di violenza o minaccia diretta.
Il legislatore ha inteso, dunque, reprimere non solo l’atto in sé ma anche la mera possibilità che la condotta dell’indagato possa turbare la serenità della vittima.
L’orientamento della Cassazione: la necessità di un controllo rigoroso
Sentenza n. 19442 del 28 marzo 2023
La sentenza n. 19442 del 28 marzo 2023, emessa dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, affronta questioni rilevanti riguardo all’applicazione dell’articolo 387-bis del Codice Penale, che disciplina la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Contesto fattuale
Il caso in esame riguarda un imputato sottoposto a misure cautelari non custodiali, specificamente il divieto di avvicinamento alla persona offesa, in relazione a un’accusa di maltrattamenti in famiglia. Successivamente, l’imputato è stato assolto da tale accusa. Tuttavia, durante il periodo in cui le misure cautelari erano in vigore, l’imputato ha violato le prescrizioni imposte.
Questione giuridica
La questione centrale è se la violazione delle misure cautelari, previste dall’art. 387-bis c.p., possa configurare reato anche nel caso in cui l’imputato sia stato successivamente assolto dal reato presupposto per il quale le misure erano state applicate.
Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 387-bis c.p., l’assoluzione dal reato presupposto è irrilevante. La Corte ha sottolineato che il bene giuridico tutelato dalla norma è duplice:
- Tutela della vittima, sotto il profilo fisico, psichico ed economico.
- Corretta esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Pertanto, la violazione delle misure cautelari integra il reato previsto dall’art. 387-bis c.p., indipendentemente dall’esito del procedimento relativo al reato presupposto. La Corte ha evidenziato che la ratio della norma risiede nella necessità di una maggiore tutela della vittima di reati di violenza di genere, conformemente a quanto previsto dalla Legge n. 69 del 2019.
Implicazioni pratiche
Questa pronuncia chiarisce che l’obbligo di rispettare le misure cautelari imposte dall’autorità giudiziaria è autonomo rispetto all’esito del procedimento principale. La violazione di tali misure costituisce reato a sé stante, volto a garantire la protezione della vittima e l’efficacia dei provvedimenti giudiziari.
Sentenza n. 36775 del 28 settembre 2022
La Sentenza n. 36775 del 28 settembre 2022 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale riguardante l’applicazione dell’articolo 387-bis del Codice Penale, che disciplina la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Contesto Fattuale
Nel caso in esame, un individuo sottoposto al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla moglie, imposto come misura cautelare, ha violato tale prescrizione. La polizia giudiziaria ha proceduto all’arresto in flagranza, ma il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha successivamente non convalidato l’arresto, ritenendo che il reato in questione non rientrasse tra quelli per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Questione Giuridica
La questione centrale riguarda l’interpretazione dell’articolo 380 del Codice di Procedura Penale, che elenca i reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. In particolare, si tratta di stabilire se la violazione dell’articolo 387-bis c.p. rientri tra le ipotesi di arresto obbligatorio.
Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla Procura, stabilendo che la violazione dell’articolo 387-bis c.p. comporta l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza.
La Corte ha sottolineato che la Legge n. 134 del 2021 ha modificato l’articolo 380 c.p.p., inserendo tra i reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza anche la violazione dei provvedimenti di allontanamento e del divieto di avvicinamento.
Questa sentenza rappresenta un passo significativo nella tutela delle vittime di violenza domestica e stalking. L’inclusione della violazione dell’articolo 387-bis c.p. tra i reati che prevedono l’arresto obbligatorio in flagranza rafforza l’efficacia delle misure cautelari e funge da deterrente per comportamenti lesivi.
La Corte ha evidenziato l’importanza di una risposta immediata e rigorosa a tali violazioni, al fine di garantire una tutela effettiva alle vittime.
È importante notare che, nonostante la pena prevista per il reato di cui all’articolo 387-bis c.p. sia inferiore al limite edittale di cinque anni generalmente richiesto per l’arresto obbligatorio, la modifica legislativa ha introdotto un’eccezione specifica per questo tipo di reato, riconoscendo la necessità di una protezione più incisiva delle vittime.
Sentenza n. 39005 del 29 aprile 2021
La Sentenza n. 39005 del 29 aprile 2021, pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affronta una questione cruciale riguardante l’applicazione dell’articolo 282-ter del Codice di Procedura Penale, che disciplina il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Contesto Normativo
L’art. 282-ter c.p.p. prevede che il giudice possa disporre, nei confronti dell’indagato, il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o l’obbligo di mantenere una determinata distanza da essa. La norma mira a tutelare la vittima da possibili condotte lesive, garantendo al contempo il rispetto dei diritti dell’indagato.
Questione Giuridica
La questione sottoposta alle Sezioni Unite riguardava l’obbligo per il giudice di indicare specificamente i luoghi oggetto del divieto di avvicinamento. In particolare, si trattava di stabilire se, nel disporre tale misura cautelare, il giudice dovesse necessariamente individuare e specificare i luoghi frequentati dalla persona offesa ai quali l’indagato non poteva avvicinarsi.
Decisione della Corte
Le Sezioni Unite hanno stabilito che:
- Obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa: Se il giudice ritiene adeguata e proporzionata la sola misura dell’obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa, può limitarsi a indicare tale distanza, senza la necessità di specificare i luoghi.
- Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: Se il giudice dispone, anche cumulativamente, il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e/o l’obbligo di mantenere una distanza da tali luoghi, deve indicarli specificamente.
Questo orientamento mira a garantire la chiarezza e la determinatezza delle misure cautelari, evitando interpretazioni arbitrarie e assicurando una tutela efficace della persona offesa.
La sentenza delle Sezioni Unite rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze di protezione della vittima e le garanzie di libertà dell’indagato.
La Corte ha sottolineato l’importanza della specificità delle prescrizioni imposte, al fine di evitare ambiguità che potrebbero compromettere l’efficacia della misura cautelare o ledere i diritti dell’indagato.
Inoltre, la decisione evidenzia la necessità di una valutazione caso per caso da parte del giudice, che deve considerare le peculiarità della situazione concreta per determinare le misure più idonee a tutelare la persona offesa senza imporre restrizioni eccessive all’indagato.
Profili pratici e riflessi applicativi
Nella pratica, i provvedimenti di allontanamento e divieto di avvicinamento richiedono un’attenta vigilanza da parte delle autorità di polizia, le quali sono tenute a verificare il rispetto delle misure mediante controlli periodici e, in alcuni casi, tramite l’uso di strumenti tecnologici come il braccialetto elettronico.
Tuttavia, non mancano le criticità: spesso, le violazioni non vengono immediatamente rilevate, e ciò può comportare rischi significativi per la sicurezza della vittima.
A questo proposito, l’impiego di strumenti tecnologici di monitoraggio, come i dispositivi elettronici di tracciamento, potrebbe rappresentare una soluzione utile per garantire una più efficiente supervisione.
Inoltre, nel contesto europeo, l’Italia si allinea ai principi previsti dalla Direttiva UE 2012/29, la quale definisce norme minime sui diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato.
Tale direttiva mira a rafforzare la protezione delle vittime, stabilendo standard per l’assistenza e il sostegno, inclusa la predisposizione di misure di allontanamento che siano tempestive ed efficaci.
Riflessioni finali
L’articolo 387-bis del codice penale, introdotto per rafforzare la protezione delle vittime di reati familiari e di genere, ha rappresentato un’evoluzione normativa fondamentale.
La scelta del legislatore di qualificare come reato autonomo la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa riflette un intento chiaro: tutelare in modo incisivo l’integrità psicologica e fisica della vittima, riconoscendo il rischio che la mancata osservanza delle misure cautelari possa costituire un’escalation di condotte lesive.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, attraverso numerose pronunce recenti, ha ribadito la necessità di una rigorosa applicazione di tale norma, in un’ottica di prevenzione e protezione.
Sentenze come la n. 36775 del 2022 e la n. 39005 del 2021 sottolineano l’importanza di misure stringenti, inclusa l’arresto obbligatorio in flagranza, per garantire che i provvedimenti di allontanamento e di divieto di avvicinamento possano realmente prevenire ulteriori atti di violenza.
Questa linea interpretativa indica una crescente consapevolezza da parte della giurisprudenza dell’importanza di tutelare le vittime attraverso risposte immediate e severe alle violazioni.
Tuttavia, le applicazioni pratiche della norma hanno mostrato alcune criticità: tra queste, la difficoltà delle autorità nel monitorare efficacemente il rispetto delle misure cautelari, specialmente nei casi di reiterate violazioni, e la necessità di risorse adeguate per un controllo costante.
L’adozione di strumenti tecnologici, come il braccialetto elettronico, rappresenta una possibile soluzione, sebbene anche questa misura richieda una gestione accurata e un bilanciamento con i diritti della persona sottoposta alla misura.
L’art. 387-bis c.p. evidenzia una scelta legislativa che pone al centro la tutela delle persone più vulnerabili, ma la sua reale efficacia dipende dall’implementazione concreta e dalle risorse a disposizione.
Siamo di fronte a una normativa che, nella sua complessità, cerca di rispondere a un fenomeno sociale e giuridico grave e diffuso, ma che richiede un monitoraggio continuo e una costante valutazione della sua applicazione.
La domanda che resta aperta, per i professionisti e per chi si occupa di tutela delle vittime, è la seguente: quali ulteriori misure potrebbero garantire che le prescrizioni dell’art. 387-bis siano rispettate in modo più efficace? E ancora, fino a che punto è possibile proteggere le vittime senza compromettere le garanzie costituzionali dell’indagato?
Riflessioni su questi temi possono portare a soluzioni nuove e più efficaci, affinché il diritto penale riesca a rispondere pienamente all’esigenza di protezione della persona offesa, senza sacrificare il rispetto dei diritti individuali.